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al testo di Amina Narimi
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Angelica trasforma le parole con i gesti più brevi della pelle in quel fiuto di speranza si solleva qualcosa di privato, le sue azioni favorite, vissute nei colori, con la danza delle mani intorno ai polsi, nel reciproco sfiorarsi, mi entra dentro imparando dov'è che deve andare col sorriso, col sorriso leggerissimo all'incrocio, a non sprecare nemmeno un movimento, rivelando più realtànascoste, in un secondo
si riaccende una gioia intraducibile occupando il tempofermo in qualcos'altro diventando il rosso un avamposto per vedere al centro di un accampamento eppoi la prateria.. Si abbassa ai vetri la visione, in cosa viva, Figlia del vento e complice- per non dimenticare dove tutto ha avuto inizio- dalla rosa, tra i capelli, in Romania, al temporale, fra i suoi denti d'oro- piegando il capo per il pane in altre bocche nel gelo della sera, ubbidendo alla natura, con le mani macchiate di dolcezza
dove sarai già eri, per me, ogni mattina, oltre la tua pena, un incantesimo nell'offerta di sei fazzolettini, con la danza segreta delle braccia, pari solo alla nascita di un fiore che t'inonda, di tanta meraviglia
giunta fino al verde... Scrivo, di te che non mi senti, ora dove l'odore della pioggia cambierà i contorni del tuo viso, mentre esclami con gli occhi chiari e poi la voce insieme che dice: "mi dispiace di partire di lasciarvi tutti fermi al rosso" allargando tutto un mondo con le mani come stessi abbandonando una colonia, dei piccoli animali, da tenere a bada.
Un oroscopo commosso nel commiato delle sacche intorno al palo della luce e una porta che si apre, tra i saluti, una piccola elegia, eppoi lo strazio l'impulso ripetuto del segnale, i clacson lungo il viale Benedetto, la partenza tra le mani, le nostre, strette, con la certezza di altri doni tra lana colorata sulla schiena sospinta dalla tua bellezza, solo il tempo di gridarti ancora- Angelica! abbi cura Abbicuradite ragazzamia..
La tua assenza avrà gli occhi per parlare un'altra lingua nella musica che viene da là, dal marciapiede, il nome solo, ogni mattina di chi con me ti cerca per dare un senso all'azione dell'incrocio.
Ricordo ancora di quel giorno , quando lampeggiava guasto il tuo semaforo.. Ohh.. Angelica ! con la voce disfatta dalla grazia, ti allargavi con le braccia mai senza sorriso, per dirmi al volo che Dio ce l'ha con te Perché La veglia del rosso è una preghiera al tuo lavoro. C'è una nuova Angelica da ieri che muove fazzoletti sul semaforo con un gesto secco e senz'odore, del tuo splendore, sui resti dei vestiti, non c'è nulla. solo i piedi, che sospingono la voce a te dovuta ancora in bocca: il tuo sorriso che emerge dall'oscuro, come penetrasse tutto un popolo una terra capace di rinascere qualcosa come le focacce d'uva luccicanti tra le gazzelle e i cervi dell'incrocio, mentre vai a te eppure vieni verso l'altro, come se tornassi a casa tra i cardi e le pietraie per radici mi lasci in fiore un minuscolo alveare e un soffio che porta il nostro alito nel posto dove tu non muori più di freddo
Tutto è più vivido stasera di quanto era reale appena ieri nel tuo modo di far scendere la pioggia sotto l'asfalto che reggeva il giorno: tu rimani, in un piccolo infinito, nel cuore di Bologna, appena fuori che mi chiama, nell'ombra che risale, come un arco teso dove manchi, al finestrino- è una piaga luminosa che ora batte che preme per saperti alla tua terra. |
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